MANICOMIO DI VOLTERRA [IT]


Exploration #173
(testo italiano a fondo pagina). The former psychiatric hospital of Volterra was an institution for mental patients founded in 1888. Since 1996, following the Basaglia law, the hospital has been in a state of abandonment.
The Psychiatric Hospital of Volterra originated with the establishment in October 1888 of a dementia section within the Ricovero di mendicità located in the former convent of S. Girolamo. This section became more and more important and was gradually transformed into a modern asylum for the treatment of mental illness; from 1933 it was called the Psychiatric Hospital of Volterra.
The first director was Luigi Scabia from Padua. Under his direction, the asylum became a city within the city, a village-asylum with isolated pavilions, open, self-sufficient, autonomous, equipped with all services (slaughterhouse, bakery, mill, oil mill, shoemaking, carpentry, workshops, furnace, ice factory, sawmill, laundry, tailoring), based on work therapy, on the very limited use of means of restraint and on the exercise of recreational and artistic activities, such as music and dance.
In 1934, following Scabia’s death, Giovanni De Nigris took over as medical director. He experimented with new therapies in use throughout Italy, including malariotherapy, insulin therapy, electroshock, lobotomy and opotherapy, a form of hormone therapy that was used on psychopathic and criminal patients to contain their excitations.
Under De Nigris’ direction, the asylum reached its peak with 4,547 inpatients housed in over forty pavilions. In 1955, Gino Simonini took over as medical director. Under his direction, the neurological department became one of the most advanced in the hospital complex; ergotherapy and shock therapy continued to be practised, but the new pharmaceutical therapies based on psychopharmaceuticals were also introduced.
In 1963, the establishment adhered to Law 36 of 1904. The law stipulated that the hierarchies within the facility followed a hierarchical style where everyone had a superior. The nurses were called guards or superiors and a police-like regime reigned. According to testimonies of the time, it was like being inside a prison.
The patients of the asylum had no decision-making power. The patients were people with different pathologies from depression, autism, schizophrenia and many others. However, even people who were idealistically different could suffer internment as a form of estrangement from society.
The patients’ rooms had barred windows and every evening the patients were locked inside and the privacy of the guests was often violated. For example, letters written to family members by the inmates were never delivered but were kept in the patient’s file. Following the closure of the asylum, a book ‘Correspondence Denied’ was published. The book contains all the undelivered letters from patients to their families.
The last medical director was Carmelo Pellicanò (1975-1980), a convinced supporter of closing the asylum complex and transforming it into a therapeutic community. Despite the enactment of Law 180/1978, the final closure of the Volterra Psychiatric Hospital took place on 31 December 1996, as established by Law 724/1994, which required the Regions to close the ‘remaining psychiatric hospitals’ by that date.

Esplorazione #173. L’ex ospedale psichiatrico di Volterra era un’istituzione per il ricovero di malati mentali fondata nel 1888. Dal 1996, in seguito alla legge Basaglia, l’ospedale è in stato di abbandono.
L’Ospedale Psichiatrico di Volterra ebbe origine dalla costituzione nell’ottobre 1888 di una Sezione dementi all’interno del Ricovero di mendicità con sede nell’ex convento di S. Girolamo. Questa sezione divenne sempre più importante e si trasformò pian piano in un moderno manicomio per la cura della malattia mentale; dal 1933 fu denominato Ospedale Psichiatrico di Volterra.
Il primo direttore fu il padovano Luigi Scabia. Sotto la sua direzione il manicomio divenne una città dentro la città, un manicomio-villaggio a padiglioni isolati, aperto, autosufficiente, autonomo, dotato di tutti i sevizi (macello, forno, mulino, frantoio, calzoleria, falegnameria, officine, fornace, fabbrica del ghiaccio, segheria, lavanderia, sartoria), fondato sulla terapia del lavoro, sull’uso molto circoscritto dei mezzi di contenzione e sull’esercizio di attività ludiche e artistiche, quali la musica e la danza.
Nel 1934, alla morte di Scabia la direzione sanitaria fu assegnata a Giovanni De Nigris il quale sperimentò le nuove terapie in uso sul territorio nazionale, tra cui la malarioterapia, l’insulinoterapia, l’elettroshock, la lobotomia e l’opoterapia, cioè una forma di ormonoterapia che veniva praticata su pazienti psicopatici e criminali per contenerne le eccitazioni.
Durante la direzione di De Nigris il manicomio raggiunse il massimo di presenze con 4.547 ricoverati ospitati in oltre quaranta padiglioni. Nel 1955 la direzione sanitaria fu affidata a Gino Simonini. Sotto la sua direzione il reparto neurologico divenne uno dei più all’avanguardia all’interno del complesso ospedaliero; continuarono ad essere praticate l’ergoterapia e le terapie da shock, ma si introdussero anche le nuove terapie farmaceutiche basate sugli psicofarmaci.
Nell’anno 1963 la struttura aderiva alla legge numero 36 del 1904. La legge prevedeva che le gerarchie interne alla struttura seguissero uno stile gerarchico dove ognuno aveva un superiore. Gli infermieri erano chiamati guardie o superiori e regnava un regime di tipo poliziesco. Secondo le testimonianze dell’epoca sembrava di essere all’interno di un carcere.
I pazienti del manicomio non avevano alcun potere decisionale. I pazienti erano persone con diverse patologie dalla depressione, all’autismo, schizofrenia e tante altre. Tuttaviaa anche le persone diverse come idealismo potevano subire l’internamento come forma di allontanamento dalla società.
Le stanze degli ospiti avevano finestre con sbarre e ogni sera i pazienti erano chiusi a chiave al loro interno e la privacy degli ospiti era spesso violata. Ad esempio le lettere scritte ai familiari dai degenti non venivano mai consegnate ma erano conservate nella documentazione del paziente. In seguito la chiusura del manicomio fu pubblicato un libro ”Corrispondenza negata” . Nel libro sono riportate tutte le lettere mai consegnate dei pazienti destinate ai loro familiari.
Ultimo direttore sanitario fu Carmelo Pellicanò (1975-1980), convinto sostenitore della chiusura del complesso manicomiale e della sua trasformazione in comunità terapeutica. Nonostante l’emanazione della legge 180/1978, la definitiva chiusura dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra avvenne il 31 dicembre 1996, come stabilito dalla legge 724/1994 che dispose che le Regioni provvedessero alla chiusura dei “residui ospedali psichiatrici” entro quella data.