IL VILLAGGIO DI SONDALO [IT]

Exploration #64 (testo italiano a fondo pagina). In the first half of the 20th century, Italy, and many other countries, waged a real war against the worst disease of the time, tuberculosis, also called the ‘mal sottile’. Until the discovery of an effective drug in the second half of the 1950s, the only effective treatment was heliotherapy, practised in facilities called sanatoriums. Admission to sanatoria was also a form of isolation of the sick from the rest of the community, to prevent the risk of contagion. Sanatorium therapy was a palliative treatment to control symptoms and stimulate immune defences, through the triad “air – rest – food”.
The locations for the construction of sanatoria had to be characterised by pure air, so many of these facilities were built along the Alps.
The sanatorium we are talking about in this article was the largest sanatorium in Europe. Built at the request of the fascist government, the choice fell on Sondalo because of its excellent weather conditions. In fact, not far from Sondalo had already been built a few years earlier, the Prasomaso Sanatoriums, now totally abandoned and in ruins.
To built Sondalo, the work took eight years, from 1932 to 1940. The work was very demanding, both the access roads and the foundation plans were literally carved out of the rock, and artificial stone hairpin bends were built. The final result, however, was very neat, characterised by a rationalist style of architecture typical of the splendour of the regime of the time. It was a true independent village, equipped with an innovative system of cable cars that distributed clean linen, medicines and foodstuffs from the central building to the various pavilions. In 8 years, 9 pavilions were built to accommodate up to 300 patients each.
Although the village was only opened at the end of the Second World War, during the conflict the sixth and seventh pavilions were the protagonists of a little-known affair. In fact, thanks to a highly secret mission, very important works of art from Milanese museums and private collections were transported to the valley in lorries on duty at the Alpine dams and then hidden in various hollow spaces, including paintings by Rubens, Tintoretto and Segantini, in order to save them from possible bombing and looting. An even thicker mystery, never explained, remains as to how everything was done with the presence of a German garrison garrisoning in the village… unconfirmed rumours claim that the commander of the garrison was actually, in normal life before the war, a professor of Italian art history who had lived a lot in Italy studying mainly Tuscan art…
The Village has lost its importance since the 1970s and only a few pavilions are still in use as a hospital, which in recent times has become vitally important as it has become the valley’s reference Covid centre. The disused pavilions, on the other hand, are in a state of ‘controlled abandonment’. An association of volunteers, whom I thank for the opportunity to visit the site, is in fact responsible for preserving the abandoned pavilions from further acts of vandalism and has over the years collected many objects and testimonies of the sanatorium village in a small museum.

Esplorazione #64. Nella prima metà del Novecento, l’Italia, e molti altri Paesi, conducevano un’autentica guerra contro il peggior male dell’epoca, la tubercolosi, chiamata anche il “mal sottile”. Fino alla scoperta di un farmaco efficace, avvenuta nella seconda metà degli anni Cinquanta, l’unico trattamento efficace era l’elioterapia, praticata in strutture chiamate sanatori. Il ricovero nei sanatori era anche una forma di isolamento dei malati dal resto della comunità, per prevenire il rischio di contagio. La terapia sanatoriale era una cura palliativa per il controllo dei sintomi e lo stimolo delle difese immunitarie, mediante la triade “aria – riposo – alimentazione”.
I luoghi preposti per la costruzioni dei sanatori dovevano essere caratterizzati da un’aria purissima, di conseguenza molte di queste strutture furono costruite lungo l’arco Alpino.
Il sanatorio di cui vi parliamo in questo articolo era il più grande sanatorio d’Europa. Costruito per il volere del governo fascista, la scelta cadde su Sondalo a causa delle sue ottime condizioni metereologiche. Proprio non lontano da Sondalo erano già infatti stati edificati qualche anno prima i Sanatori di Prasomaso, oggi totalmente abbandonati e in rovina e di cui vi parleremo in un prossimo articolo.
Tornando a Sondalo, i lavori richiesero otto anni, dal 1932 al 1940. I lavori furono molto impegnativi, furono letteralmente ritagliate nella roccia sia le strade di accesso che i piani delle fondazioni e furono costruiti ripiti tornanti di pietra artificiali. Il risultato finale fu tuttavia curatissimo, caratterizzato da un’architettura in stile razionalista tipica dello sfarzo del regime dell’epoca. Era un vero e proprio villaggio indipendente, dotato di un innovativo sistema di teleferiche che distribuivano biancheria pulita, farmaci, generi alimentari dall’edificio centrale ai vari padiglioni. In 8 anni furono costruiti 9 padiglioni in grado di ospitare sino a 300 malati ciascuno.
Benché il villaggio fu aperto solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, durante il conflitto il sesto e nel settimo padiglione furono i protagonisti di una poco nota vicenda. Grazie infatti ad una missione segretissima furono trasportati in valle a bordo di camion in servizio alle dighe alpine e poi nascosti in varie intercapedini importantissime opere d’arte provenienti da musei milanesi e collezioni private tra cui alcune tele di Rubens, Tintoretto e Segantini al fine di salvarle da eventuali bombardamenti e saccheggi. Mistero ancora più fitto e mai spiegato rimane come tutto sia stato fatto con la presenza di una guarnigione tedesca di presidio al villaggio.. voci non confermate affermano che il comandante della guarnigione era in realtà, nella vita normale, prima della guerra, un professore di storia dell’arte italiana che aveva vissuto molto in Italia studiando soprattutto l’arte toscana..
Il Villaggio ha perso di importanza a partire dagli anni ’70 e solo pochi padiglioni sono ancora utilizzati come ospedale che in questo ultimo tempo è diventato di vitale importanza in quanto trasformato nel centro Covid di riferimento della valle. I padiglioni in disuso invece si trovano in uno stato di “abbandono controllato”. Un’associazione di volontari, che ringrazio per la possibilità di visita al sito, si occupa infatti di preservare i padiglioni abbandonati da ulteriori atti di vandalismo e ha raccolto nel corso degli anni molti oggetti e testimonianze del villaggio sanatorio in un piccolo museo.